Possono essere gli smart siti luoghi d’identità dell’uomo? Ormai i variegati approcci di sostenibilità, a volte contradditori, risultano insoddisfacenti nel governare la realtà costruita la quale evidenzia le profonde ferite lasciate dai comportamenti non virtuosi delle passate generazioni. 

 

Nano antenne, nuova frontiera del fotovoltaico
L’MIT ha allo studio una tecnologia capace di migliorare di 100 volte l’efficienza dei comuni
pannelli.
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Recensione & pillole

Terra di nessuno

di Giorgio Cirilli
 
In una approfondita analisi sui consumi Ilvo Diamanti coglie alcuni aspetti interessanti nel comportamento dei giovani, anche adolescenti, ed il loro modo di stare insieme connotato da un uso intensivo dei telefoni cellulari. Ne trova una spiegazione nella condizione di vita nell’ambiente urbano “devastato e informe” che deriva da politiche distorte nell’uso del territorio a causa di logiche e interessi riconducibili alle speculazioni immobiliari. La diretta conseguenza è la riduzione dei luoghi di incontro in cui avviene il contatto fisico. Sono venuti a mancare gli spazi dedicati a quella funzione mentre rimane forte l’esigenza di stare insieme. Ecco allora che i giovani hanno trasferito le loro relazioni dal territorio allo spazio virtuale, tecnologico oggi ampiamente disponibile, lowcost. Tale analisi, ampiamente condivisibile. può essere estesa ben oltre le giovani generazioni e riguardare l’intero complesso della società civile, anziani compresi. La grande “piazza” virtuale è fatta di SMS, MMS, FACEBOOK, WITTER…ecc: la “rete”! Non che manchino gli spazi fisici ma le vie dei “negozi”, i centri commerciali, i “mall”, seppur brulicanti di persone sono “non luoghi”, rapportano gli individui, singolarmente, verso i “prodotti” da consumare. Forse gli ultimi spazi dell’aggregazione sono gli stadi in occasione delle partite o per i concerti pop e rock. Magari anche gli architetti e gli urbanisti, in questo scenario, hanno una qualche responsabilità che nella trasformazione e crescita delle città non hanno saputo formare gli spazi dell’incontro, dell’aggregazione. Un qualche aiuto potrebbe venire dalla sociologia urbana nella ricerca di adeguate soluzioni contro questa tendenza disgregatrice. Se non si inverte questo trend in un prossimo futuro si avrà la completa perdita dei rapporti diretti, interpersonali arrivando alla formazione di una comunità virtuale dai contorni indefiniti.
L’invenzione del telefono, della radio, della televisione hanno certamente modificato comportamenti antichi ma la “rete” rischia di rompere drammaticamente gli equilibri sociali, sopratutto a scala locale. Nel tessuto urbanistico delle città la PIAZZA da sempre rappresenta il luogo più importante in cui cultura e storia rivivono ogni giorno nella memoria collettiva.
C’era una volta la prassi del gioco ai ”giardinetti” dove i ragazzi si incontravano. Nella città attuale non si gioca più. Oggi vanno a rinchiudersi nelle palestre, nelle piscine, al tennis o in altri luoghi esclusivi in forma ghettizzata. In città sopravvivono in forma residuale al più i giochetti di plastica, altalene, scivoli per i più piccoli. Il problema non si risolve certo con restyling di “plastica”di non luoghi, con l’inserimento di qualche elemento di design che fa tanto arredo urbano e qualche lampione firmato.
Per tradizione lo spazio pubblico è la “scena” della vita collettiva, connota di volta in volta l’appartenenza del “luogo” alla sfera civile, religiosa, economica e politica. Sentirsi parte di una comunità negli spazi urbani migliora la qualità della vita dei cittadini e della città stessa.
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Pillole di saggezza: dal discorso di un capo pellerossa alla sua tribù.

Voi dovete insegnare ai vostri figli che il suolo sotto i loro piedi è fatto dalla cenere dei nostri nonni. In modo che essi rispettino la terra. Dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite dei nostri amici e parenti. Insegnate ai vostri figli quello che abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra Madre. Ciò che accade alla terra, accade ai figli della terra. Se l’uomo sputa in terra, sputa su se stesso. Questo è ciò che conosciamo. La terra non sembra appartenere all’uomo. E’ l’uomo che appartiene alla terra. Questo è ciò che sappiamo. Tutte le cose sono connesse come il sangue che unisce una famiglia. Tutte le cose sono connesse. Ciò che accade alla terra, accade ai figli della terra. L’uomo non tesse la tela della vita. E’ sono un filo di essa. Qualsiasi cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui come fossero amici, non può esentarsi dal destino comune. Potremmo essere fratelli, dopo tutto. Dovremmo vedere. Una cosa sappiamo, che l’uomo bianco potrebbe un giorno scoprire che il nostro Dio è lo stesso Dio. Potreste pensare ora che tu possiedi Lui così come vuoi possedere la nostra terra. Ma non puoi. Egli è il Dio dell’uomo, e la Sua compassione è uguale per il pellerossa e per il bianco. Questa terra è preziosa anche per Lui. E danneggiare la terra vuol dire ammucchiare disprezzo per il suo Creatore. Anche i bianchi non ci saranno più, forse accadrà prima a loro che ad altre tribù. Contaminate i vostri letti e una notte soffocherete nei vostri rifiuti.